Ed è così ogni volta che ci salutiamo per vederci chissàquando.
Davvero non avevamo idea io e Renata (le socie fondatrici di questa amicizia) - quando ci salutammo agli inizi di ottobre 1995 a Chemnitz alla mia partenza per l'Italia - che ci saremmo riviste, e così spesso, e addirittura insieme alle nostre future famiglie.
Avevo trascorso l'estate dopo la laurea a dirigere un settore di scavo a Chemnitz, nell'exDDR. Renata era la mia "vicina" di scrivania, parlava un tedesco raffinato, era nata in un luogo dal nome a me tuttora impronunciabile (Piotrkow Trybunalski) in Polonia e abitava al pensionato studentesco di fianco al mio. Leggeva riviste di cucina (in Germania ah ah ah), amava il caffè italiano e in tre secondi eravamo diventate amiche.
Poi ci siamo riviste alcune volte quando ormai lei abitava in Francia, prima da sole e poi con i fidanzati poi diventati mariti. E ora con i figli che curiosamente sono nati alternati uno ogni due anni (in ordine cronologico: Franz, Jeremie, Pao, Amelia). Abbiamo partecipato ai rispettivi matrimoni e strenuamente abbiamo conservato la nostra amicizia attraverso l'europa.
Perchè l'unica cosa in cui siamo davvero diversi è che i Dupond sono apolidi e noi invece (purtroppo, aggiungo) non lo siamo affatto.
Renata e Jerome hanno frequentato università in città diverse da quella in cui sono nati e il lavoro li ha portati ancora altrove.
Ma a parte questo siamo similissimi. Essenziali, colti, curiosi, appassionati di archeologia, di lettura, buon cibo, buon vino, di viaggi con i bambini. Difficile trovare amici così affini.
Io e Renata condividiamo anche il fatto di avere un maritoprof e di lavorare a tempo pieno (mannaggia, aggiungo per entrambe) tranne che lei fa davvero l'archeologa mentre io affogo nel magico mondo del media tra le nebbie di assago.
Mi mancano le serate qui a casa a chiaccherare con loro davanti ad un bicchiere di italian wine e la loro compagnia in giro a Milano a scoprire gli angoli nascosti della città.
E mi mancano le risate dei nostri bambini che non avendo (non ancora?) una lingua comune se ne inventano di tutti i colori per comunicare. Anche tra noi grandi parliamo in inglese, che non è la lingua di nessuno ma che condita con stralci di fracese, italiano, polacco e certe volte tedesco ci fa fare un sacco di risate e ci permette di condividere in maniera vivissima impressioni e opinioni sulle cose del mondo.
Sogno una quotidianità con loro che non ci potrà mai essere.
Sogno un giorno di riuscire a fare un viaggetto con loro più lungo dei quattro giorni di questa volta a Milano.
Dopo che ce ne hanno portate - su richiesta - un vagone, mi sogno tutte le notti anche le madeleines. Morbide, burrose, profumate.
I miei figli vogliono provare a farle (già da quest'estate, a dirla tutta) e ne abbiamo provato un tipo al gusto di speculoos con i granellini di zucchero sopra che è la nostra passione.
Esco e vado a comprare lo stampo, altrimenti impazzisco.
Vi dirò come va a finire.
1 commento:
Ma che bello.....aspettando le madeleines.
francesca
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