martedì 25 giugno 2013

Io e Berlino / 2

La cosa che più mi ha impressionato quando nell'87 andai a Berlino erano le croci bianche di coloro che erano morti nel tentativo di fuggire dalla DDR. L'ordine era tassativo per le guardie lungo la cortina. Sparare a vista senza avvertimento. Crudele. Ingiusto. Tremendo. E al Museo del Check Point Charlie che esisteva già allora e che già allora era meta di un incredulo pellegrinaggio si leggevano le storie di coloro che scavando tunnel, lanciandosi con carrucole, infilandosi nei bauli delle auto e in mille altri modi avventurosi e pericolosi erano riusciti a scappare all'Ovest. Molti non ce l'avevano fatta e molti erano giovani. Io avevo 17 anni e mi sembrava incredibile che uno Stato potesse limitare così la libertà dei propri cittadini.
Le lettere di Anja arrivavano in Italia aperte e censurate. Ma vi assicuro che ci raccontavamo cose da adolescenti e non facevamo certo spionaggio internazionale...

Ai Berlinesi dell'Est venivano garantiti la casa, l'istruzione e il lavoro. Però magari il tuo vicino o un tuo stesso parente o familiare era della Stasi e ti spiava contando anche quante volte andavi in bagno al giorno o quante volte di grattavi il naso.
Dopo lunghe trafile ottenevano un'auto (la Trabant) e non potevano viaggiare se non nell'Europa dell'Est. A scuola il russo era materia obbligatoria e Gisa e Renata mi hanno raccontato che era un incubo. Nei negozi si poteva scegliere tra una selezione limitata di prodotti e non esisteva la pubblicità. La costruzione del Muro aveva diviso per anni famiglie e amici e i familiari di chi riusciva a passare all'Ovest venivano poi spesso interrogati e controllati a vista.


Dopo la caduta del Muro molti erano rimasti senza lavoro e l'impressione - molto reale - era quella di essere i cugini poveri dei Tedeschi dell'Ovest.

Ancora nel 1995 a Chemnitz le operaie delle industrie tessili in crisi erano state re-impiegate sugli scavi archeologici, il pensionato universitario aveva bagni e docce comuni per uomini e donne (...) e il carattere della città era molto Ossis. Tuttora - lasciato a memoria imperitura - un enorme faccione di Marx in bronzo campeggia in una delle piazze della città. D'altra parte la città fino al 1989 si chiamava Karl-Marx Stadt........
Per gli anziani la caduta del Muro deve essere stata davvero un colpo. La DDR era un'idea in cui molti avevano creduto e sperato. Ma per molti giovani dell'Europa dell'Est è stata l'alba di una nuova vita.

Di Anja Gramsch purtroppo non so nulla ma immagino che sia ancora a Berlino anche se spero per lei che sia riuscita a girare l'Europa. 
Gisa alla fine delle superiori è andata in Islanda con un programma di volontariato internazionale, ha poi lavorato alla Freie Universitaet all'Istituto di Lingua Islandese e poi è tornata in Islanda. 
Renata Popiolek subito dopo la laurea a Cracovia ha diretto scavi in Germania, Svizzera e Lussemburgo. Ha sposato Jerome in Francia e varie volte ci siamo viste in tutti questi anni. 
Anna Wosiak è rimasta a Jelcz in Polonia, ma ha studiato Germanistica e Italianistica. 
Ildiko Bosze di Budapest ha lavorato sugli scavi in Germania e in Medio Oriente, ha sposato Ralph e adesso lavorano e vivono a Francoforte. 
Mariusz Gorniak dopo la laurea a Cracovia ha fatto la tesi a Tel Aviv, ha lavorato in Giordania e ora vive in Inghilterra. 

E di tutti gli altri ragazzi e ragazze polacchi, ungheresi, lituani, croati, sloveni che ho conosciuto a Tautavel, al Lazaret e a Chemnitz immagino e spero che abbiano trovato una nuova patria o sicuramente stimoli per fare qualcosa di nuovo e di quasi internazionale.

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