martedì 16 luglio 2013

"Au boulot, au travail" - la nostra estate (1993) alla Caune de l'Arago




Ma come abbiamo fatto a finire all'Arago? Te lo sei mai chiesto? Chissà dove avevamo trovato (oggi diremmo il link) la notizia di quello scavo? 
Uno scavo gestito da più di 20 anni - allora - oggi 40 - dal Musée de l'Homme di Parigi. Scavo in grotta di età paleolitica, in una valle alle primissime falde dei Pirenei, a circa 30km da Perpignan, in un ameno paesino chiamato Tautavel (per gli amici Tautà). 
Come dire, in capo al mondo. 
Però alla Caune de l'Arago non si pagava per scavare. 
Anzi, offrivano anche il vitto e il posto in tenda (la tua tenda) al camping municipale. Impegno richiesto abbastanza gravoso: tutti i giorni mattina e pomeriggio, anche il sabato
Ma non si pagava per scavare. 
Ottimo per due giovani aspiranti archeologhe senza soldi che volevano girare il mondo e fare esperienza.

Io e Muriel, cinque settimane, agosto 1993. 
E almeno Muriel sapeva il francese
Io, zero al cubo. 
Giusto giusto le solite frasi le jeux sont faites, rien va plus, je suis Catherine Deneuve (ah ah come no...). E poche altre frasi a caso imparate sul glossario proprio appena prima di partire come ad esempio ou se trouve la pharmacie la plus proche  oppure y at il quelqu'un qui parle italien (hai visto mai che possa servire...).

Tautà. Una meta scelta abbastanza a caso, di cui - prima - non sapevamo nulla e che alla fine ci è rimasta nel cuore. 

E' stata una bellissima avventura

La tenda ce l'aveva prestata il cugino di Muriel e aveva solo mezzo soprattetto, così quando sulle falde dei Pirenei si scatenava il temporale dovevamo farci ospitare dalla povera Christine, che con il suo igloo resistente e ben piantato probabilmente un po' aveva pietà di noi.

Il campeggio era vicino ad un laghetto formato dal fiume Verdouble, il che rendeva il tutto abbastanza poetico.
Tranne le mattine che ti toccava il tamisage, e cioè mettere i tuoi piedini nel fiume dove c'era una piccola rapida e setacciare secchi e secchi di terra finché rimanevano solo conchiglie e ossicini. 

Ma bando alle ciance, non c'era tempo di giocare, dopo ti toccava il triage e dovevi dividere in scatoline diverse le maledette ossicini e conchiglie, che solo un preistorico inside può apprezzare. 
E noi che invece eravamo "nate" in Etruria impazzivamo davanti a quei minuscoli resti, noi che a Tarquinia le ossa e i sassi sono così tanti che li butti oltre la rete sulla testa del pastore che passa...

Alla fine dello scavo ci eravamo così abituati che quasi quasi ci dispiaceva buttare nel torrente tutta quella terra così preistorica, che ce ne siamo portate a casa un pochino!!!


 


Quanto era lontana la nostra etruscologia da Tautavel
Eppure ligissime abbiamo preso appunti (in francese, bien sur) pendendo dalle labbra del mitttttttico e intramontabile - voilà - Henry De Lumley che ci parlava di chopper e di selci, abbiamo lavato e siglato e misurato e disegnato sassi, abbiamo pulito con il pennello e il bisturi il nostro metro quadro di terra dentro nella grotta, abbiamo setacciato la terra con i piedi dentro il Verdouble nella frescura della mattina, abbiamo salito ma quante e quante volte il sentiero verso la grotta  - circa 100 m di dislivello. 


E quando arrivavi (vivo!) in cima, davanti all'entrata della Caune de l'Arago e ti volgevi indietro a guardare la valle, non potevi che restare attonito davanti alla bellezza dei luoghi, antichi e senza tempo, e questo ti gratificava di tutta la fatica. Che poi è quello che vedeva l'uomo preistorico, anche se al tempo suo faceva più freddo ed era tutto ghiacciato (mica per niente si rifugiava nella grotta!)



 (non è una gran foto, l'ho scannerizzata dalla stampante...)



(ed eccolo,  è proprio lui l'Homme de Tautavel)

La grotta di per se' è un posto mitico (chi aveva mai visto niente del genere?). 
Il suolo è diviso in quadrati grandi 1 metro quadrato ciascuno dove si lavora in due (evidentemente quando in quello di fianco non c'è nessuno, altrmenti non ci si muove). 


La grotta quell'anno era attraversata da un'echafaudage, cioè "impalcatura", parola che non ho mai dimenticato e alla quale sono molto affezionata

Noi che lavoravamo ai livelli bassi ci calavamo giù dall'impalcatura, altri che lavoravano nella parte più profonda della grotta la usavano come ponte.  

 

E poi c'era tutto il resto. 
Certo stavamo 6-7 ore al giorno nella grotta (a seconda se alla mattina salivi subito o eri addetto al setacciamento nel fiume), ma la pausa pranzo era di due ore e la sera dopo cena era libera e anche  - wow - la domenica, ben tutto il giorno!!!
Quindi c'era un sacco di tempo per stare insieme agli altri.
Gli altri. Ma quanta gente c'era? E da quanti posti diversi venivano? Saremo stati circa ottanta? novanta? molti francesi, naturalmente, e tanti spagnoli soprattutto di Barcellona, io e Muriel le italiane più Giovanna e Monica conosciute sul luogo, qualche tedesco e molti europei dell'est che appena pochi anni prima aveva buttato giù muri e confini.

Si faceva amicizia subito, con il tuo compagno di "quadrato", con i vicini di tenda, quando rimanevi chiuso nel bagno e qualcuno ti salvava.

Nonostante tutto, non c'era molto da fare a Tautavel oltre lo scavo.
Ci divertivamo con poco, ho letto che tuttora non c'è wifi nè connessione internet au camping. 
Alla sera ci accontentavamo di andare chez Albert in paese a giocare a babyfoot o a mangiare un gelato e a bere granatina (ma nessuno beveva altro? non ricordo o forse erano tutti parchi o astemi?). 

In alternativa si andava ad un bal (cioè un ballo in piazza), sempre a Tautavel oppure a Vingrau, il paese successivo. A piedi o in autostop. O a chiacchierare semplicemente in quelle lunghe sere d'estate di quando hai vent'anni, sei in un luogo sconosciuto d'europa e parli con tutti e di tutto. 

In quale lingua, vi chiederete. Inglese con tutti, francese con i francesi ( e vi dirò che scavare nel metro quadro in grotta tutti i giorni a fianco a francesi, è stato molto utile, on a appris la langue, adesso so come si dicono martello e secchio in francese, son cose eh!!!!), italiano con gli spagnoli e qualcosa con tutti gli altri che va bene lo stesso. 

A volte si rimaneva al campeggio, si stava sulla riva del lago, qualcuno tirava fuori la chitarra e si cantava: Forever young, I want to be forever young, Do you really want to live forever? Forever young, diventò un po' la colonna sonora di quell'estate.


Christina - oltre che una tenda stabile e asciutta -  aveva anche un'auto e una domenica andammo insieme al mare a Les Barcares e forse un'altra volta con degli altri tipi di cui non ricordo nulla tranne che imparai un'altra parola e cioè cacahuetes e cioè noccioline. Alzi la mano chi di voi sa queste parole in francese (Muriel non suggerire, merci)????? Non sono tres tres tres fortunata????

Un'altra domenica particolarmente calda abbiamo anche risalito il Verdouble a piedi passando attraverso le gole (Gorges de Gouleyrous) attorniate da falesie bianche alte più di 50 metri fino a quando l'acqua non ci arrivava alle ascelle, a quel punto siamo tornati indietro. Uno spettacolo.

 

La vita da campo prevedeva che a turno ci si dividesse i servizi "comuni" (non mi sembra che cucinassimo; anzi mi pare che ci fosse il cuoco, quel tipo buffo di Mulhouse che poi era andato a fare la vendemmia, no?). Ad esempio a noi una sera era toccato lavare i piatti, milioni di piatti, con una specie di mini lavastoviglie che andava caricata mille volte e faceva un sacco di schiuma. Non ci passava più. Quella sera io e Muriel,  prima che il lavoro e il sonno ci schiantassero eravamo riuscite a cantare tutto il repertorio di cantautori italiani dagli anni '50 in poi. Le sapevamo tutte!!! Mentre gli altri bevevano (forse) granatina chez Albert.

Altre sere che alcuni non avevano niente di meglio da fare, organizzavano degli scherzi, e una mattina ci siamo trovati le scarpe tutte legate in cima ad un albero.

Altre volte verso la fine di Agosto, che l'uva era quasi matura, quatti quatti nella sera svicolavamo nel vigneto per raccogliere i grappoli, oppure per vedere le stelle fuori dalle luci del campeggio.

Poi c'era chi veniva buttato vestito nel laghetto, chi si trovava i rospi in tenda, chi imparava giochi di carte polacchi, chi si fidanzava.

Alcuni amici li abbiamo rivisti in qualche occasione negli anni successivi. La maggior parte chiaramente si sono persi nei meandri d'Europa. 

Sono state cinque settimane intense, faticose e favolose, e potremmo star svegli tutta la notte a raccontarci gli episodi di ogni giorno e i volti di ciascuno. 

Riguardo le foto e piano piano mi ricordo tutti i nomi, o quasi. Mi ricordo con chi parlavo inglese e con chi francese, mi ricordo di quei due, una croata e un inglese (forse) che si sono incontrati a Tautà e mai più lasciati, mi ricordo che i croati parlavano italiano benissimo ed erano molto preparati, mi ricordo che molti erano arrivati in autostop dalla Polonia o dalla Cecoslovacchia, mi ricordo Gisa che ho rivisto qualche anno dopo a Berlino, o i catalani che erano veramente simpatici (specialmente la mia omonima Clara), e il gruppo italo-francese di Giovanna, Monica, Ananda, Sonia, di cui sappiamo ancora qualcosa. 

Conservo tuttora il mio quadernino degli appunti con i disegni dei chopper e la stratigrafia della grotta. 

Conservo ancora la terra paleolitica dell'Arago. 

Conservo negli occhi il verde dei vigneti, l'ocra della terra e il bianco delle falesie.

Conservo ancora nel cuore tutti i volti di chi abbiamo incontrato e con cui abbiamo percorso un pezzettino della nostra vita.

Conservo ancora nel cuore le speranze di una ventitreenne aspirante archeologa, che non mi lasceranno mai (per fortuna).

Conservo ancora nel cuore i bei giorni trascorsi con Muriel (per la cronaca, siamo ancora e -molto più di allora- amiche).

2 commenti:

Mammagiramondo. ha detto...

oh mio Dio, mi sono commossa. Insinuata nei tuoi splendidi ricordi con la pelle d'oca sulle braccia. Questa è la vita, quella di cui essere grati. Esperienze che ti rimangono appiccicate addosso e continuano a vivere e rivivere dentro di noi per tutta la vita .
Grazie per averle condivise con noi...
<3

acasadiclara ha detto...

Grazie Mammagiramondo, l'ho scritto con il cuore. Io e Muriel siamo ancora amiche e molto ha fatto quella vacanza! L'anno prossimo laggiù si celebreranno i 50 anni dello scavo e chissàmai che si possa organizzare di tornare tutti insieme a festeggiare! ciao e buona estate!!