Ed eccomi qui a raccontare della nostra (prevista) deviazione in Bosnia.
Tutto era nato da me che ho la mania di guardare le mappe, sognare molto e calcolare distanze.
Avremmo potuto puntare su Dubrovnik, come fanno molti.
Invece l'occhio è caduto su Mostar.
Mi è stato impossibile per giorni pensare ad altro.
Quindi si va a Mostar,
unbedingt, sans dout, tassativo!
Dopotutto ci vogliono solo carta di identità e carta verde in ordine, che sarà mai? Non saremo mica i primi, no?
E poi per ritornare verso casa dolce casa, di lì dobbiamo passare. O quasi.
Ma
ci credete che di quelli che conosco e sono stati in Croazia – finora -
, nessuno, ma proprio nessuno, era stato a Mostar? Ed è a meno di 100
km dalla costa.
Il routard che è in noi, non ha sentito ragioni. Si va a Mostar.
Abbiamo prenotato un'amena pensione nella città vecchia. Ma proprio dentro dentrissimo.
Una
casa ottomana modernamente ristrutturata a dieci metri dal Ponte. Una
pensione con tre stanze e una cucina in comune. Ma quanto amo questo
posto? Hanno persino posto per parcheggiare la
nostra auto (e abbiamo fatto una supermanovra contromano degna di
memoria!!!).
Di fianco c'è una moschea, speriamo che il muezzin sia clemente (e infatti lo sentiremo poco).
A due passi, il Ponte.
Lo
scrivo in maiuscolo perché merita questo onore. Come la città tutta
merita l'onore della nostra visita e della memoria di tutti noi.
Fa impressione.
Il passato è passato, ma è dietro l'angolo e fa impressione.
Al di fuori dell'area pedonale, il passato fa ancora impressione.
Le case hanno ancora i segni delle granate. Le case che non sono crollate, naturalmente.
Tutto il resto o quasi è stato ricostruito.
Le ferite sono ancora aperte.
Franz e Pao si guardano in giro. Non fanno molte domande, ma ascoltano.
Che qui c'è stata la guerra e
che le due parti della città si bombardavano a vicenda. Che è morta
molta gente, anche amici, amici che si bombardavano
e che prima erano amici e dopo non lo erano più. Che molta gente è
dovuta scappare e mai fare ritorno. E che ogni persona che incontri qui
ha una storia (brutta) da raccontare. Una storia di famiglie separate,
amicizie tradite, di sentimenti confusi, di espatri
e forse di ritorni.
E' una storia europea, anche se spesso ce ne dimentichiamo.
E' per questo che siamo qui.
Per vedere, per capire, per ricordare.
Non so quanto i miei figli capiscano davvero. Ma non posso evitare di raccontare.
A casa Kaitat, una bella casa turca un po' fuori da centro il proprietario ci racconta la storia della sua famiglia.
Fa impressione ascoltare storie che dovremmo sapere.
Quello che mi fa più impressione ancora sono le foto della città che era. E della città rasa al suolo.
Quante persone che salgono su questo Ponte sono consapevoli del passato?
Quanti di questi passi su questi gradini scivolosi si soffermano almeno qualche minuto sulla Storia?
Sono contenta di essere arrivata fin qui.
Sono contenta di aver portato i miei figli nel cuore d’Europa.
Sono così contenta che mi dispiace andarmente e vorrei proseguire per Sarajevo.
Ma la strada ci chiama, di nuovo, e lasciamo Mostar promettendo di tornare.